Nei percorsi di affido familiare di minori stranieri non accompagnati riveste un ruolo centrale il cammino verso l’autonomia e la dimensione particolare con cui si presentano i bisogni del minore; in particolare quelli relativi alla formazione professionale e alla preparazione al mondo del lavoro. Ognuno con le proprie specificità e le proprie attitudini i ragazzi in affido stano seguendo il percorso che sperano li possa condurre ad una vita indipendente, garantendogli un buon grado di stabilità ed autonomia. C’è chi sta frequentando una scuola biennale di formazione professionale che lo porterà ad ottenere la qualifica professionale mentre altri, più prossimi alla maggiore età, sono impegnati in corsi di formazione breve per l’acquisizione delle competenze necessarie ad inserirsi nel mondo del lavoro.
Vi riportiamo di seguito il racconto dell’esperienza di Ermanno e Laura, una famiglia affidataria che ha iniziato il proprio percorso ormai da diversi anni. Il racconto parla di inserimento lavorativo, ma soprattutto del prezioso ruolo della rete sociale e professionale sul territorio.
Per educare un bambino serve un intero villaggio
(proverbio africano)
Nell’esperienza dell’affido, e dell’affido di un minore straniero non accompagnato, non c’è niente di più vero di questa massima. C’è bisogno di operatori innamorati del loro lavoro, e noi per fortuna ne abbiamo incontrati molti: insegnanti, datori di lavoro, allenatori di pugilato, amici che sapevano pescare o andare in moto meglio di noi, altre persone che condividevano la nostra esperienza o quella di tutori volontari, le nostre famiglie, gli amici di Enea più grandi.
C’è bisogno però da parte degli affidatari della volontà di mettersi in relazione con tutti questi attori, di spiegare quello che si sta facendo, di accettare limiti, di rivedere comportamenti, di condividere e di delegare mantenendo sempre un certo controllo: ognuno fa un pezzo piccolo ma prezioso. Ad esempio, dopo il primo mese di stage lavorativo di Enea, siamo andati a ringraziare i due artigiani che lo avevano seguito: loro conoscevano di Enea le abilità, i gusti nel mangiare, la voglia di imparare presto a guidare, ma non sapevano come mai Enea fosse a casa nostra, quanto tempo ci sarebbe rimasto, quanto era importante che raggiungesse l’autonomia. Hanno capito e ci hanno aiutato, hanno seguito Enea come datori di lavoro ma anche come fratelli maggiori ed è stato molto importante perché Enea stava con loro gran parte della giornata; ci siamo sentiti spesso, sia quando c’era da sgridare che quando si andava fuori a mangiare. Ora formano una bella squadra!”
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